29/11/12

5. Neneh Cherry & The Thing. The Cherry Thing (Smalltown Supersound).

























Deve essere il mese delle collaborazioni insolite. Non bastavano Sun Araw e M. Geddes Gengras spediti in Giamaica a vivere e registrare con i Congos, arriva pure il ritorno in grande stile di Neneh Cherry. A tre anni dall'ultima uscita dei suoi non trascendentali CirKus, ma soprattutto a ben sedici dal suo più recente album solista (Man, quello con la hit Seven Seconds), la cantante afro-svedese si ripresenta in forma smagliante, e con lei il trio avant-jazz svedese/norvegese The Thing. Un cerchio che si chiude, in un certo senso, chiamandosi questi come una composizione di papà Don ed essendo nati proprio per suonare la sua musica. Forse anche per questo lavorano insieme da un anno e mezzo, ma suonano come una band in giro da sempre. Tale è la naturalezza con cui la versatile voce soul di Neneh e la potenza dei tre - Mats Gustafsson ai sax tenore e baritono, Ingebrigt Haker Flaten al basso elettrico e al contrabbasso, Paal Nilssen-Love alla batteria - si fondono in un un unicum scuro, denso, emozionante.
Solo due su otto i brani autografi: Cashback, firmata Cherry, che inizia per sola voce e quattro corde prima di diventare un concentrato di urgenza ritmica e malinconici ottoni lontanamente balcanici; Sudden Moment, firmata Gustafsson, otto minuti e mezzo di sax supremo e galoppate free. Ma sono le cover la vera sorpresa, materiale di provenienza eterogenea che diventa cosa loro. Pronti? Dream Baby Dream dei Suicide, con fiati e basso che assumono toni slow rilassati e profumati di New Orleans, mentre la batteria tira dritta fino all'intenso crescendo finale. Too Tough to Die di Martina Topley-Bird, che moltiplica la tensione gospel originaria con riff rallentati e pesanti. Golden Heart, che diventa una invocazione cosmica con voce effettata, dal primo album per Blue Note di papà Don; What Reason Could I Give di Ornette Coleman, allora cantata da Asha Puthli (!), oggi resa più melmosa e inquieta. Dirt degli Stooges, devastante, ma forse la meno originale del lotto, forse perché gli Stooges di Fun House erano già free jazz. E Accordion di MF Doom e Madlib in modalità Madvillain, la trasformazione più netta, con il giro di fisarmonica del titolo suonato come marcia funebre dal baritono, e Neneh a cantare intorno al rap come sa. Si tratti di un episodio o del principio di un'avventura condivisa, disco memorabile comunque. (Rumore n.245)

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