10/08/11

Minchia che ridere ("I am quite happy none of them engaged me directly, because at least one of us would have regretted it")














Chi segue le cose che scrivo in giro si sarà accorto di quanto tutto il fenomeno Odd Future mi paia una colossale allucinazione collettiva, figlia più del "ci sono arrivato prima io" che dell'effettivo ascolto dei dischi e di una anche sommaria lettura dei testi. Una bolla di sapone hipster che solo in questi tempi disgraziati si sarebbe potuta gonfiare.

(Qui la mia column per il numero 234/235 di Rumore)
"Quindi il problema del gangsta rap era la musica, non i testi. Bastava qualcuno che sostituisse il funk con qualcosa di più astratto e bianco - con la benedizione di The Wire e tam-tam autogenerante in Rete, naturalmente: perché se ne parla? Perché se ne parla! - e rime su rime dedicate a stupri, violenza, misoginia, omofobia, sessismo e odio gratuito non sarebbero state più un problema. Anzi, usate come grimaldello e sommate a un uso sapiente dei social network, e a una immagine pubblica che rimanda inevitabilmente ad almeno una altra crew molto numerosa e totalizzante (si fa presto a dire Wu Tang...), sarebbero servite per creare una bolla di proporzioni enormi. Tyler lo ha già dichiarato in Radicals: “Non fate nulla di quello che dico, è finzione cazzo. Se succede qualcosa, l'America Bianca non se la prenda con me”, ma al di là del possibile effetto emulativo, sentire certe frasi non è bello a prescindere. Non è divertente, e non è nemmeno interessante: alla voce “terapia in musica” esistono innumerevoli esempi più validi, all'ultima moda e non.
Comunque: ci fosse sotto la musica più bella del mondo, qualcuno potrebbe chiudere un'occhio. Ma da quel punto di vista Goblin è un album normale; non banale e a tratti pure geniale, ma non così superiore a tanti lavori hip hop moderni (Black up di Shabazz Palaces gioca nello stesso torneo e vale il triplo, per stare all'attualità). In più, dura ottanta minuti e rotti, e arrivare in fondo è una fatica. Vale anche per i dischi dei Dälek, dite? Certo, ma leggetevi i testi. Anche il Truceklan dice le stesse cose? Forse, ma almeno lo fa in italiano e su groove coinvolgenti, quasi assenti in Goblin. Che vince nel fornire una propria visione del mondo, senza dubbio: alienata e paranoica, chiusa a riccio su sé stessi e i pochi amici, e affanculo tutti gli altri. “Kill people, burn shit, fuck school”, insomma.
Non suona quindi strano che Tyler e il resto della ventenne cricca Odd Future piacciano ai coetanei: la loro interpretazione di questi tempi senza grosse speranze né ambizioni è perfetta, la loro fuga da ogni minimo contenuto è del tutto pertinente, il loro fascino esotico è irresistibile per hipster bianchi (sbeffeggiati dallo stesso Tyler in più di una rima, tra l'altro) che vogliono i loro negri esattamente così. Suona strano, piuttosto, che piacciano così tanto agli altri. Per sentirsi giovani e forti, tutto sommato, ci sono molti modi più sani e divertenti."


(qui la mia recensione dell'ultimo album di Tyler, The Creator per il numero 284 de Il Giornale della Musica)
"In forma di rap, la somma algebrica di una seduta psicanalitica e di uno sproloquio. La prima non c'è nemmeno bisogno di immaginarsela: in varie parti dell'album si sente proprio la voce trasfigurata dello “strizzacervelli” che fa le domande; il secondo invece non si fa mancare proprio nulla, toccando misoginia, sessismo, violenza, omofobia, odio e cosette del genere come se al microfono ci fosse un Eminem al quadrato, nero e alienato, poco gangsta e molto cerebrale. E in guerra contro il mondo intero. Fatta eccezione per la propria crew, naturalmente: che si chiama Odd Future Wolf Gang Kill Them All - il ventenne Tyler Okonma ne è la punta di diamante - e sta facendo impazzire media e pubblico di mezzo mondo. Per ragioni tutto sommato oscure. Come oscuro e chiuso quasi ermeticamente nei confronti dell'esterno è il suono di Goblin, creativo e progressista ma eccessivamente monocorde (e interminabile, con i suoi 82 minuti), parco di groove e di punti d'ingresso facilitati. Non lontano da quello di illustri predecessori come Dälek o Anti-Pop Consortium, ma senza il loro spessore lirico e attitudinale, e tarato sui gusti e le dinamiche della gioventù odierna. Delle cui forze e debolezze è un manufatto alquanto rappresentativo."

Dire "lo avevo detto anche io" suona sempre un po' sfigato, ma visto il declino della carta stampata - e visto che tutti i vari blogger musicali hanno persino smesso di dire "io i giornali musicali non li compro più" con tono saccente, da tanto l'argomento è vecchio (salvo non rifiutare mai venti righe scritte ovunque) - mi pareva giusto ribadirlo anche online.
Diciamo allora che mi sento un po' meno solo, e godo sommamente, nel riportare il pensiero di Steve Albini sull'argomento. Partecipando a un thread dedicato al suddetto collettivo sul forum dei suoi studi Electrical Audio, il celebre musicista e produttore statunitense racconta in due post la sua esperienza diretta a contatto con Tyler e compagnia.

Prima qui:
"I haven't mentioned this until now because I expected this shit to collapse into its own emptiness the way Salem and Vanilla Ice did before them, but whatever. I spent about 40 minutes with these little pricks at the end of May and I haven't wanted to strangle anybody that much in a real long time.
Their music is nothing, but sooner or later these little scrubs are going to get their asses kicked, and I suspect all their bullshit will calm down significantly after that happens.
Unhinged? Nah. Pedestrian eighth-grade shock nonsense fit only to upset grannies. Crazier shit is said at playgrounds every day."


E poi qui:
"My band shared an airport shuttle with them in Barcelona. They piled onto the shuttle late, after finally getting corralled by their minder, who was nursing a head wound with an ice bag wrapped in a towel. They piled in, niggering everything in sight, motherfucking the driver, boasting into the air unbidden about getting their dicks sucked and calling everyone in the area a faggot. Then one of them lit a joint (or a pipe, I didn't look) and told the driver to shut the fuck up nigger and smoked it anyway. A female passenger tried to engage one of them in conversation, but he just stared at her with a dead-to-me stare while his seatmate flipped double birds in her face.
The whole trip they complained about not being at a McDonalds and repeatedly shouted for the motherfucker to pull over so they could get some fucking McDonalds nigger. Interspersed with the McDonalds requests were shouted boasts about how often they masturbated and fucked bitches nigger and got paid like a motherfucker fifty grand like a motherfucker. They continued complaining that the trip was taking too long and insisted they be fed immediately all the way to the airport, where their minder presumably fed them.
I am quite happy none of them engaged me directly, because at least one of us would have regretted it.
I am well aware, thanks, that good people can make ugly art and that ugly people can make good art. Ultimately the function of art is to express something and move an idea from one person to another, and the tools of that can include revulsion and discomfort. Having been in a few bands myself, thanks, I know that the uninitiated can mistake these devices as windows into the soul of the creator. Ultimately they are, of course, but not necessarily in the crude autobiographical way they are often interpreted.
I know all that, so I am never quick to judge a person based on a superficial reading of creative output. Peter Sotos is a lovely fellow whom I trust implicitly, despite his writing evoking a truly primal disgust in me, to use another rapey example. Michael Gerald from Killdozer said it best in an interview, when the journalist remarked that he seemed like a nice fellow, which was unexpected given that the characters in his songs are often repellent. "Oh, that's not us," he said, "that's the crazy people we sing about." In that light, I am one hundred percent behind Odd Future's right to rap about what they wanna rap about, and if she don't like it fuck her.
And also fuck me. It's none of my business what they wanna. I'm not part of the audience for hip hop, and as a non-dilettante I don't generally respond to it when I hear it, so I can't make any critical assessment of Odd Future's music on its own terms, but they go out of their way to make it clear that this is not a case of regular people making music about assholes, but assholes making music about being assholes. I have no time for that. I don't respond kindly to it when Ted Nugent does it either.
If the whole thing is a put-on, a bit of Vincent Gallo life-as-theater for the benefit of whoever happens to be sitting next to them, that's no excuse. It's being an asshole about being an asshole."


Gli anni '90 che ci piacciono, insomma.
Forse bisognerebbe scrivere dei disordini nel Regno Unito e non di queste cose futili. Ma chissà che un nesso non ci sia, da qualche parte.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

"salvo non rifiutare mai venti righe scritte ovunque". E' proprio così...grande Andrea. Saluti alla signora:)
Botter

Anonimo ha detto...

ah, e saluti anche al futuro scorpione....
sempre botter


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