05/02/03

Inizia febbraio, e con un ritardo tutto sommato accettabile “Soul Food” si appresta a chiudere i conti con il 2002. Ancora tre titoli, e potremo tirare le somme con una serie di inutili statistiche, prima di dedicarci ad un 2003 che ha già portato in casa Soul Mate #65 una decina di dischetti (maledette offerte di gennaio alla Wide, e maledetti soprattutto il dentista ed il riscaldamento di condominio che si sono frapposti tra me e il catalogo Pressure Sounds da completare approfittando dell’occasione). Il numero 156 è vicino, crediamoci.
Per i nuovi lettori che si fossero ritrovati qui per la prima volta, un paio di dritte su “Soul Food”. La Musica è il mio Cibo per l’Anima. Semplice no? Scrivo dal cuore della città, non ho cinque minuti liberi e spendo fortune in musica cercando il Sound Verite. Non mi piace quel genere piuttosto di quell’altro. Mi piace ciò che è Vero, tutto il resto forse non è un caso.
Queste non sono recensioni. Siamo io e i miei dischi. Parlo dei dischi che mi compro -esclusivamente di quelli- in ordine cronologico, numerati a crescere dall’inizio dell’anno. Voi fatene cosa volete. Se qualche titolo vi incuriosisse e ve lo andaste a cercare, ne sarei felice. Se mi faceste sapere cosa ne pensate, ne sarei altrettanto felice. Quello che non si conosce è più bello di quello che si conosce.

153. The Black Sea “The Black Sea” 2002. (mcd nuovo, Lovitt, € 8.00).
Shelby Cinca (voce, chitarra) e Jason Hamacher (batteria) erano due terzi dei Frodus, band fondamentale nel traghettare l’hardcore verso tutto quello che è venuto dopo, con energia da vendere. A qualche anno di distanza dallo scioglimento (con Shelby nel frattempo diventato titolare dei Cassettes, i due si ritrovano e ricominciano a fare musica insieme, in compagnia di un terzo che è sufficiente citare soltanto per nome e cognome: Joe Lally.
L’omonimo debutto dei Black Sea, purtroppo soltanto tre brani, è costruito su atmosfere scure come la sua copertina, che coniugano la sempiterna lezione di Washington DC con sprazzi di lirismo quasi hard-rock e melodie epiche. “Wingless Fire” chiude con chitarra acustica, voce e rumori di vento, in un’atmosfera folk gotica da brividi. Non vedo l’ora di sentire l’album, che i bene informati danno in uscita per l’estate.

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