26/10/02

98. Lee Perry “Africa’s Blood” 1972. (cd usato, Trojan, € 9.99).
Gran brutta cosa, la discografia di Lee Perry. Cioè, gran bella cosa, ma intricata e vastissima, con qualche rischio di incappare in pacchi o in materiale meno rilevante del dovuto. Come orientamento, consiglio un lungo articolo del sempre ottimo Eddy Cilìa sul numero 8 di “Blow Up”.
Proprio quell’articolo citava questo “Africa’s Blood” (memorabile la copertina) tra i dischi da avere del nostro, subito dopo quelli indispensabili. Nel mio piccolo, mi permetto di dissentire in parte. Intendiamoci, è un signor disco. Ma è un disco di reggae originario quasi interamente strumentale senza o quasi quei colpi di genio e quell’inventiva che lo hanno reso giustamente famosissimo. Certo, risale all’alba del periodo Black Ark o forse prima, quando Scratch stava ancora affilandosi le unghie che pochi anni dopo avrebbero graffiato così a fondo, ma manca l’avventura. Il dub, per esempio, è ancora di là da venire e solo a tratti ne emerge il presagio (il classico “Cherry Oh Baby” ribattezzato “Well Dread”, i fiati già in stile “Super Ape” dell’ottima “Cool And Easy”).
Detto questo, “Do Your Thing” di Dave Barker in apertura è un funk-reggae coi fiocchi, “Isn’t It Wrong” (l’unico altro brano cantato) degli Hurricanes un soul-roots corale non d ameno, le version scorrono sicure (“Dreamland” di Bunny Wailer, “My Girl” dei Temptations secondo la rilettura in levare che ne diede Slim Smith, la “Poor Chubby” di Junior Byles, il classico “Johnny Too Bad” tra le altre) e un giovane Doctor Alimantado, ancora conosciuto come Winston Prince, impreziosisce con il suo toasting “Place Called Africa” ancora del grande Junior Byles.

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